Le aziende spariscono anche perché i vecchi commercianti non hanno figli che decidono di seguire le loro orme e manca il ricambio generazionale.
«Il commercio si evolve e cambia faccia, ma non è morto. L’importante per le attività è rinnovarsi e stare al passo con i tempi». Inizia con una nota positiva l’analisi del punto in cui si trova il commercio barese offerta da Vito D’Ingeo, presidente di Confcommercio Bari-Bat. Un quadro complesso e sfaccettato che non si limita al dato delle chiusure degli ultimi tempi.
Come mai tante attività e negozi storici chiudono? «Le motivazioni sono tante. Oltre al fatto che si tratta di un problema strutturale (sono anni che le attività diminuiscono, maquestoè dovuto anche al dato che a Bari le attività commerciali sono sempre state tantissime, ben oltre i numeri di altre città) che colpisce principalmente le piccole attività e quelle a conduzione familiare Mentre le aziende più grandi fino a 50 dipendenti sono aumentate. Chiudono le aziende perché, oltre ai problemi economici, i vecchi commercianti non hanno parenti che decidono di seguire le orme dei titolari, manca il ricambio generazionale. Dall’altro lato non si può fare a meno dell’innovazione: imparare a usare internet e le applicazioni per la promozione e la vendita. Ad esempio proliferano le attività legate al food, segno delle tendenze moderne incontro a cui sta andando il commercio».
Cosa state facendo voi di Confcommercio per arginare il problema e aiutare i titolari? «Organizziamo corsi di formazione affinché, commercianti vecchi e nuovi, possano meglio capire come captare la fiducia dei clienti. Il punto di forza dei negozi di prossimità sta proprio in questo: nel rapporto personale e di cuore che si instaura con le persone e con il quartiere nel quale il negozio sorge. Il cliente va coccolato e fidelizzato e non visto come un bancomat da spremere. In questo modo non si garantisce solo un andamento economico positivo ma si fornisce un vero e proprio servizio alla cittadinanza; negozi aperti e vetrine illuminate sono anche un presidio di sicurezza. I negozi hanno un vero e proprio ruolo sociale, dal centro alle periferie. Il commercio sta cambiando ma non è assolutamente morto».
Qual è il messaggio da dare soprattutto alle nuove generazioni? «Che le possibilità ci sono in questo settore. Occorre solo abbracciare il cambiamento e studiare nuovi strumenti per innovare e distinguersi nel mercato, proponendo un valore aggiunto che vada oltre la semplice transazione economica In questo senso abbiamo lanciato con il Comune la scuola barese di Commercio alla quale hanno aderito centinaia di imprenditori».